Le Sezioni Unite chiariscono quando le notificazioni e le comunicazioni relative ai procedimenti giurisdizionali del C.N.F. possono essere effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di PEC risultante da pubblici elenchi e non al domicilio eletto, come nel regime anteriore alle modifiche apportate all’art. 16 del D.L. n. 179/2012.

Il mio commento alla sentenza della Corte di cassazione, Sez. Unite, n. 29177/2020 è consultabile su Norma, quotidiano d’informazione giuridica al seguente link.

Di seguito si riporta il testo dell’ordinanza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Pietro Curzio – Primo Presidente –

Adelaide Amendola – Presidente di Sezione –

Carlo De Chiara – Presidente di Sezione –

Amelia Torrice – Consigliere –

Mauro Di Marzio – Consigliere –

Alberto Giusti – Consigliere –

Antonello Cosentino – Consigliere –

Guido Mercolino – Consigliere –

Enzo Vincenti – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 29177/2020

sul ricorso 16680-2020 proposto da:

L. M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé medesimo;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VENEZIA, CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PADOVA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 92/2019 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 04/10/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2020 dal Consigliere ENZO VINCENTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LUISA DE RENZIS, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza resa pubblica il 4 ottobre 2019 e notificata il successivo 14 ottobre, il Consiglio nazionale forense (C.N.F.) rigettava il ricorso proposto dall’avv. L. M. avverso la decisione, in data 15 dicembre 2014, con la quale il Consiglio dell’ordine degli avvocati (C.O.A.) di Venezia gli irrogava la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi tre in riferimento a due distinti capi di incolpazione.

1.1. – Con il primo capo di incolpazione, all’avv. L. M. era addebitata la violazione degli artt. 8, 38, 42, 43 e 60 del Codice deontologico (C.D.F.) approvato dal C.N.F. in data 17 aprile 1997 e dal C.O.A. di Venezia il 2 giugno 1997 (con successive modificazioni), in relazione all’art. 38 del r.d.l. n. 1578 del 1938, convertito, con modificazioni, nella legge n. 36 del 1934, poiché, avendo assunto l’incarico dalla società D. s.r.I., redigeva un atto di citazione per azione di risoluzione, con conseguente restituzione somme e risarcimento del danno, ma: “a) non provvedeva ad iscrivere la causa a ruolo, non coltivando la causa; b) chiedeva ed otteneva il pagamento della somma di euro 340,00 a titolo di contributo unificato, così dissimulando l’inadempimento del mandato assunto e imputando, successivamente, le somme ricevute a titolo di compenso per l’attività stragiudiziale svolta nell’interesse della Cliente; c) non consegnava al nuovo difensore la documentazione relativa alla causa, nonostante fosse in ciò sollecitato. In Mestre dal 27/07/2007 al 04/01/2009”.Veniva, quindi, contestata, con il secondo capo di incolpazione, la violazione degli artt. 8, 38, 40, 43 e 60 del Codice deontologico approvato dal C.N.F. in data 17 aprile 1997 e dal C.O.A. di Venezia il 2 giugno 1997 (con successive modificazioni), in relazione all’art. 38 del r.d.l. n. 1578 del 1938, convertito, con modificazioni, nella legge n. 36 del 1934, poiché, avendo assunto l’incarico dalla società D. s.r.l. “di opporre il decreto ingiuntivo notificato alla Cliente in data 15/12/2007, provvedeva a “notificare l’atto di opposizione oltre il termine perentorio ex art. 641 e ss. c.p.c., iscriveva la causa a ruolo con ritardo, partecipava all’udienza proponendo un rinvio pendendo trattative senza che la Cliente ne fosse messa conoscenza ed, infine, non partecipava alle successive udienze senza dare alcuna comunicazione alla Cliente che si vedeva notificare atto di precetto in data 14/12/2009”.

1.2. – Il C.N.F., per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che: a) non poteva trovare applicazione, quanto al regime della prescrizione, la nuova disciplina introdotta dall’art. 56 della legge n. 247 del 2012, successiva agli illeciti disciplinari contestati, né era maturato il termine prescrizionale di cui all’art. 51 del r.d.l. n. 1578 del 1933 in ragione dei vari atti interruttivi intervenuti in corso di procedimento disciplinare; b) quanto al regime sanzionatorio, dovevano trovare applicazione le norme eventualmente più favorevoli del nuovo C.D.F. del 15 dicembre 2014, là dove, nella specie, per le violazioni contestate (artt. 26, 27 33 e 29 del vigente C.D.F., nelle quali erano trasfusi gli artt. 8, 38, 40, 42 e 43 del vecchio C.D.F.) erano previste, come sanzioni edittali, la censura e l’avvertimento; c) la “determinazione della sanzione disciplinare non (era) frutto di mero calcolo matematico, ma… conseguenza della complessiva valutazione dei fatti, della gravità dei comportamenti contestati, violativi dei doveri di probità, dignità e decoro sia nell’espletamento dell’attività professionale che nella dimensione privata… e considerato che il regime sanzionatorio edittale sopra richiamato può essere applicato nella ipotesi aggravata, adeguatamente valutata la gravità della condotta disciplinarmente rilevate accertata”, era da reputarsi “congrua ed adeguata alla entità ed alla pluralità degli illeciti la sospensione dalla attività professionale comminata dal COA di Venezia”.

2. – Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avv. L. M., affidando le ragioni dell’impugnazione a due motivi.Con il primo è denunciata violazione dell’art. 56 della legge n. 247 del 2012, per aver il CNF errato a non ritenere l’azione disciplinare prescritta in base alla normativa sopravvenuta alla previgente legge professionale, applicata al caso di specie.Con il secondo motivo è dedotto un vizio radicale della motivazione, avendo il CNF ritenuto congrua, senza giustificazione, la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per tre mesi, ben più grave di quella edittale stabilita dal nuovo deontologico e nonostante che i fatti fossero risalenti al decennio precedente.

2.1. – Gli intimati COA di Venezia e COA di Padova non hanno svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso è inammissibile in quanto proposto tardivamente.

2. – Contro le decisioni del Consiglio nazionale forense il ricorso per cassazione va proposto – in forza di quanto ora previsto dall’art. 36, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) – nel termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d’ufficio della sentenza contestata.

Resta, invece, salva l’applicabilità del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa (Cass., S.U., 10 luglio 2017, n. 16993; Cass., S.U., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass., S.U., 30 ottobre 2020, n. 24109).Il comma 5 dello stesso art. 36 prevede, poi, che le notificazioni della decisione del CNF di cui al comma 1 avvengano nei confronti degli “interessati”, oltre che del pubblico ministero presso la Corte di cassazione.Trova rilievo (per quanto interessa in questa sede) la decisione assunta sui provvedimenti disciplinari, rispetto ai quali il CNF è organo di giurisdizione e svolge tale funzione – come precisa lo stesso comma 1 dell’art. 36 citato – “secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37”. Ciò che viene ribadito dal successivo art. 37, comma 1, quale disposizione che consente, altresì, di fare applicazione, “se necessario”, delle norme e dei principi del codice di procedura civile; là dove, quindi, non vi siano norme della legge professionale che dettino una disciplina particolare del singolo istituto (tra le altre, Cass., S.U., 14 gennaio 2020, n. 412).L’art. 60, terzo comma, del r.d. n. 37 del 1934 (disposizione, come visto, anch’essa richiamata dalle norme anzidette), quanto ai procedimenti che si tengono dinanzi al CNF, stabilisce (al primo comma) che, ai fini di tutte le comunicazioni e le notificazioni prescritte, “le parti interessate devono tempestivamente eleggere il proprio domicilio in Roma presso una persona od un ufficio e darne avviso alla segreteria del Consiglio nazionale. In mancanza della elezione di domicilio, le comunicazioni e le notificazioni sono fatte mediante deposito nella segreteria del Consiglio nazionale”.La norma, che detta una disciplina specifica in materia di comunicazioni e notificazioni in ambito di procedimento giurisdizionale del CNF (non essendo, quindi, pertinente a tale ambito la previsione di cui all’art. 31 del Regolamento del CNF n. 2 del 2014, che dispone la notificazione anche a mezzo posta elettronica certificata (p.e.c.) del provvedimento decisorio adottato dal Consiglio distrettuale di disciplina, il quale ha natura di atto amministrativo, così da rendere inapplicabile le regole dettate per il processo civile: Cass., S.U., 9 agosto 2018, n. 20685) è stata derogata soltanto a seguito dell’entrata in vigore della novella recata dall’art. 3, comma 1-ter, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, introdotto dalla legge di conversione n. 70 del 25 giugno 2020 e con effetti dal 30 giugno 2020.Tale nuova disposizione ha, infatti, novellato l’art. 16, comma 4, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 221 del 2012, estendendo anche ai procedimenti davanti al “Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale” la previsione – già dettata per i procedimenti civili – secondo cui “le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.Disposizione, questa del citato art. 16, comma 4, che, tuttavia, non può trovare applicazione al caso di specie, in quanto comunque successiva alla definizione in sede giurisdizionale dinanzi al CNF del procedimento disciplinare nei confronti dell’avv. L. M. e, peraltro, successiva alla stessa proposizione del ricorso per cassazione da parte del medesimo avvocato, avvenuta con notificazione dell’8 giugno 2020.Ciò posto, la notificazione della sentenza del CNF nei confronti dell’avv. L. M., resa pubblica in data 4 ottobre 2019, è stata effettuata in data 14 ottobre 2019 mediante deposito presso la segreteria del CNF (cfr. in atti relata di notificazione e, del resto, negli stessi termini sono le allegazioni del ricorrente a p. 1 dell’atto di impugnazione in questa sede) poiché l’interessato non aveva eletto domicilio in Roma: ciò che risulta dalla stessa intestazione del sentenza del CNF e dal ricorso presentato dinanzi al medesimo Consiglio nazionale.Peraltro, fermo restando che la decorrenza del termine di 30 giorni per impugnare detta sentenza muove, nel caso di specie, dalla data di deposito del provvedimento nella segreteria del CNF, giova porre in rilievo che quest’ultimo Consiglio ha comunque provveduto a notiziare l’avv. L. M. di tale avvenuto deposito mediante comunicazione a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo …omississ… (lo stesso indirizzo che compare nell’intestazione del ricorso per cassazione in esame) in data 15 ottobre 2019, rendendo quindi edotto, in concreto, l’interessato dell’evento.La notificazione del ricorso per cassazione dell’avv. L. M. al COA di Venezia, al COA di Padova e al Procuratore generale presso questa Corte è stata effettuata, a mezzo p.e.c., in data 8 giugno 2020, ben oltre, dunque, il termine di 30 giorni dalla notificazione delle sentenza effettuata ai sensi dell’art. 60, terzo comma, del r.d. n. 37 del 1934.3. – Va, dunque, dichiarata l’inammissibilità del ricorso.Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo gli intimati Consigli dell’ordine svolto attività difensiva in questa sede.

PER QUESTI MOTIVI

dichiara inammissibile il ricorso.Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezioni Unite Civili della Corte suprema di Cassazione, il 1° dicembre 2020.

 IL PRESIDENTEPietro Curzio

L’ESTENSORE Enzo Vincenti 

Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2020

IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO Sabrina Pacitti